Questionario: La mia Coppia!

Per un approfondimento sulla vita di coppia, puoi leggere l’articolo cliccando qui.

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La vita di Coppia: Istruzioni per l’uso!

CHE COS’E’ LA DIMENSIONE DI COPPIA?

La vita di coppia ha sicuramente degli aspetti positivi, momenti felici, forti emozioni, sicurezza e stabilità dall’altro lato stare in coppia comporta anche molta fatica, la fatica di convivere con l’altro diverso da sé attraverso compromessi e sacrifici.

Nonostante tutto la Psicologia dell’Evoluzione ci da una buona notizia: gli esseri umani sono geneticamente destinati ad innamorarsi ma per essere una coppia soddisfatta bisogna mettersi in coppia per realizzarsi come persone, intelligenti, libere e creative. La coppia così diventa comunione di due persone libere, il convivere di due differenze e di due progetti. 
La diversità in questo caso non è una minaccia ma la sua risorsa perché è vitalità, spinta, arricchimento, confronto.

Due persone che possono rimanere se stesse, distinte, si stimano perché si sentono accolte, mentre l’assorbimento l’una dentro l’altro è causa di stagnazione, stanchezza e poi rifiuto.

QUALI SONO GLI ELEMENTI DETERMINANTI PER UNA COPPIA?

Secondo Sternberg, vi sono tre elementi determinanti in una coppia:

  1. l’attrazione fisica, che non è eterna;
  2. il sentimento d’amore;
  3. i fattori cognitivi.

I fattori cognitivi sono importantissimi: “ti conosco e mi stai bene per quello che sei”. E’ il presupposto più importante per essere certi che quella con cui stiamo è effettivamente la persona con la quale si vuole condividere il destino.

QUAL’E’ IL CICLO VITALE DI UNA COPPIA?

  • Prima fare l’Innamoramento

In questa fase si vedono sole le cose belle, le affinità, l’altro viene idealizzato ed è perfetto, ovviamente tutto questo è un’illusione e più idealizziamo l’altro e più verrà poi svalutato. In questa fase è molto forte la passione e l’eros.

  • Seconda fase la Differenziazione

Ora s’inizia a vedere lo sfondo, le manchevolezze, le differenze ed iniziano i conflitti. Spesso in questa fase si vedono solo gli aspetti negativi.

  • Terza fase l’Amore

Dopo aver affrontato le difficoltà e la delusione se la coppia riesce a vedere sia gli aspetti negativi sia quelli positivi allora dura e va avanti.

  • Quarta fase la Sperimentazione – Esplorazione

Questa è la fase del disincanto, dell’esplorazione, delle richieste al partner, la coppia è fortemente competitiva e avvolte priva di connessione emotiva.

  • Quinta e ultima fase L’Accettazione – Riavvicinamento

Si accetta la realtà e il legame imperfetto. Non si cerca più di cambiare l’altro ma lo si accetta così com’è . C’è equilibrio tra il bisogno di appartenenza e quello di libertà.

COSA DEVE POSSEDERE UNA COPPIA SODDISFATTA?

La maturità sufficiente di ogni individuo. 
Un’identità ben definita.
La parità nel rapporto con condivisione e solidarietà. Attrazione fisica, ci si deve piacere, deve esserci un 
sentimento d’amore
 e i fattori cognitivi.

Nell’amore autentico il soggetto amante desidera il bene dell’altro più del proprio, l’altro non è amato perché utile o gratificante, ma per quello che è in sé stesso, a prescindere da ciò che fa per colui che lo ama.

C’è bisogno che ci siano quattro condizioni essenziali:

  1. comunicazione: condivisione di pensieri, sentimenti, emozioni con l’accettazione di quelli dell’altro.
  2. Impegno: partecipazione attiva alla risoluzione dei conflitti e al cambiamento della relazione.
  3. Dissoluzione dei ruoli: essere se stessi, diversi e liberi a prescindere dalle aspettative altrui.
  4. Diventare due distinti: aiutarsi reciprocamente nella realizzazione autentica di se stessi.

COSA MI FA SENTIRE AMATO? COME POSSO DIMOSTARLO? SCOPRI IL TUO “LINGUAGGIO D’AMORE”

Ciascuno comunica in modo diverso. Non si può dire che una forma di comunicazione sia migliore dell’altra. Il trucco è: dobbiamo imparare come si fa a sentire ciò che l’altro sta dicendo.

Gary Chapman, sostiene che ci sono cinque modalità, che egli chiama “linguaggi”, per comunicare il nostro amore, e fra essi ci sarà sicuramente il nostro preferito e vogliamo piuttosto che l’amore ci venga comunicato in tale modo.Vediamo quali sono:

  • Parole di affermazione – I complimenti al partner

Mark Twain una volta ha detto: Posso vivere 2 mesi per un buon complimento. Le Frasi del tipo «Come sei bella, quanto cucini bene, sei una mamma eccezionale», oppure «Sei molto intelligente, sei bravissimo nel tuo lavoro, quella mensola che hai montato è perfetta» fanno sentire la persona amata.I commenti positivi allietano la nostra routine, perché ci infondono sicurezza e innalzano la nostra autostima. Lui/lei ci ama perché ci apprezza. E noi ne andiamo fieri.

  • Tempo di qualità – La vicinanza e l’ascolto esclusivi

Tempo di qualità è di più che solo l’essere presente. Significa che presti tutta la tua attenzione al tuo coniuge, è il tempo qualitativamente dedicato alla persona amata. Si può vivere 24 ore su 24 fianco a fianco, ma se ognuno è preso dalle proprie attività senza dedicare un momento al coniuge in fondo è come se si vivesse da soli. Dare tempo di qualità vuol dire vicinanza, prestare attenzione esclusiva, ascoltare sinceramente i bisogni dell’altro.

  • Ricevere regali – Amare è donare

Ci sono coniugi che reagiscono particolarmente bene a segni d’amore visibili. Se tu parli questo linguaggio d’amore, allora avrai la tendenza a considerare ogni regalo come un’espressione d’amore e di devozione. In questi casi bisogna considerare il gesto, e non la cosa materiale, quindi piuttosto che comprare regali costosi si può persino far trovare un biglietto con una frase d’amore personale al proprio coniuge, che varrà più di qualsiasi gioiello milionario. Nello specifico: se portare a casa dei fiori per la propria moglie rappresenta un gesto importante, sorprendente, farle recapitare gli stessi mentre è al lavoro o a un incontro con le sue amiche avrà un impatto ancora più forte, perché il regalo in pubblico, magari sotto gli occhi degli amici, fa aumentare l’importanza del gesto e dunque persino il suo significato. Persone che parlano questo linguaggio d’amore spesso hanno l’impressione che la mancanza di regali rappresenta una carenza d’amore da parte del loro partner. Fortunatamente questo linguaggio d’amore è uno dei più facili da imparare.

  • Atti di servizio – Partecipare ai lavori domestici

A volte l’eseguire un semplice lavoro di casa può essere un autentico gesto d’amore e una forte espressione d’amore e di devozione verso il tuo coniuge.Caricare la lavatrice o lavare i piatti sono atti che possono dimostrare alla persona che ci sta accanto che non è sola, che siamo disposti ad aiutarla perché nella condivisione è utile non caricare di lavoro domestico soltanto una persona. La chiave della comunicazione è osservare e passare all’azione senza attendere che ci venga chiesto.

  • Contatto fisico – Gesti affettuosi e sesso

Molti coniugi si sentono particolarmente amati tramite il contatto fisico da parte del loro partner. Per una persona che parla intensamente questo linguaggio d’amore, il contatto fisico può determinare la continuazione o la rottura della relazione. Può essere una dolce carezza mentre stai passando vicino al tuo tesoro; un abbraccio prolungato che promette di più; un bacio veloce sulla guancia per dire un ciao; tenersi per mano in un luogo pubblico; coccolarsi mentre si sta guardando un film insieme. Il contatto fisico è un modo per far ricordare alla persona che sei qui per lei, che non è sola. Il rapporto sessuale fa sentire sicuri e amati molti coniugi. Tuttavia questo è solo uno dei molti dialetti del contatto fisico.

Bisogna esercitarsi con pazienza nell’utilizzo dei vari linguaggi d’amore. Cercare di scoprire al quale si reagisce maggiormente, e quale di questi linguaggi si riesce ad esprimere più facilmente.

Bisogna comunque imparare insieme quindi vi auguro BUON LAVORO!

Prova a fare il questionario: La mia Coppia!  clicca qui!

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Come sta evolvendo il vostro lutto?

Il questionario potrà aiutarvi a capire in quale momento del processo di lutto vi trovate. Selezionate se l’affermazione è vera oppure falsa rispetto al vostro sentire. Alla fine troverete un’indicazione della fase che maggiormente si avvicina al vostro stato d’animo e all’evoluzione del vostro processo di lutto. E’ possibile che siano contemporaneamente presenti le caratteristiche di più fasi, è normale perché il passaggio da una fase all’altra del processo del lutto non è schematico e d è frequente che fenomeni e sentimenti di fasi diverse si sovrappongano.

Nota bene, i campi con il simbolo * sono richiesti.

 

Prevalenza risposte A:

Lo shock del trauma che avete subito è ancora forte. In momenti come questi si fa fatica ad accettare la realtà dell’evento. E’ normale sentirsi storditi e confusi.

Prevalenza risposte B:

I momenti della turbolenza emotiva sono fatti di tanti sentimenti contrastanti e dolorosi. Sono il segno di quanto profondamente siete stati colpiti. La sofferenza è quindi inevitabile ed è normale sentire ondate di pena, tristezza, desiderio di dimenticare, colpa, rabbia…Sono emozioni difficili da sopportare ma non sono inutili: possono aiutarvi a capire e a dar valore a ciò che avete perduto, a riadattarvi al mondo e a trovare nuove energie vitali.

Prevalenza risposte C:

la pena e la tristezza sono i sentimenti che predominano in questo momento. Anche se ora vi sembra che dureranno in eterno non è così. Sono solo il segno che vi state rendendo conto dell’entità e del valore della vostra perdita. Quindi è normale che siate tristi. Non cercate di nascondere la penaa, la tristezza, il pianto. Anche se non è facile, questi sentimenti vanno riconosciuti e accettati ma , soprattutto, non vanno nascosti. Parlarne con persone care e riuscire ad esprimervi vi aiuterà a ridurre la sofferenza.

Prevalenza di risposte D:

Il dolore e la reazione emotiva durano ormai da troppo tempo e sono diventati troppo intensi per gestirli con le vostre sole forze. Avete bisogno di aiuto, di un supporto o di un intervento qualificato. Rivolgetevi con fiducia ad uno psicologo che possa aiutarvi a superare queste difficoltà.

Prevalenza di risposte E:

Sembrate ben avviati nel cammino verso la risalita e verso la ripresa di una vita normale. Vi state riadattando alla quotidianità, nonostante la sofferenza e la perdita. Non dovete preoccuparvi se ultimamente passate periodi più o meno lunghi senza pensare alla persona amata. Il miglior modo per dimenticare è ricordare, ma senza accanirsi a voler ricordare a tutti i costi. La persona amata sta trovando pian piano un posto stabile nel vostro cuore e nella vostra mente.

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Misura il tuo livello di assertività.

Per un chiarimento sul concetto di assertività e sul come migliorarla, puoi approfondire leggendo un articolo cliccando  qui!

Nota bene, i campi con il simbolo * sono richiesti.

Il tuo punteggio è: 0 !

Da 60 in su.

Hai una filosofia assertiva consistente e probabilmente reagisci bene nella maggior parte delle situazioni.

Da 45 a 59.

Hai una visione abbastanza assertiva. Ci sono situazioni in cui non puoi essere naturalmente assertivo, ma con esercitazioni pratiche puoi migliorare.

Da 30 a 44.

Sembri essere assertivo in alcune situazioni, ma la tua risposta naturale è sia anassertiva che aggressiva. Con una buona pratica e imparando a percepire al meglio molte situazioni, potresti nel futuro imparare a reagire più assertivamente.

Da 15 a 29.

Hai una considerevole difficoltà a essere assertivo. dovrai impegnarti molto nel seguire una buona strada, per rivisitare tutte quelle situazioni in cui diventare più assertivo è determinante per te stesso.

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Misura il tuo livello di autostima.

Per un approfondimento sul concetto di autostima, puoi leggere l’articolo cliccando qui.

Nota bene, i campi con il simbolo * sono richiesti.

Compilando il questionario di seguito potrai misurare il tuo livello di autostima e renderti conto quanta strada eventualmente dovrai fare per colmare le tue sensazioni di inadeguatezza.

Il tuo punteggio è: 0 !

Ora confronta il tuo punteggio con lo schema seguente.

Da 120 a 155.

Il tuo livello di autostima alto ti permette di scegliere, assumere dei rischi e vivere con soddisfazione.

Da 90 a 119.

Hai un buon livello di autostima e... altre ancora sono le tue risorse.

Da 60 a 89.

Gli elementi fondamentali dell'autostima sono presenti; probabilmente ci sono dei punti deboli che sarebbe opportuno individuare e ridefinire.

Fino a 59.

Forse spesso senti di non avere un gran valore, ma puoi migliorare molto il concetto che hai di te, e la consapevolezza di ciò è il primo passo.

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Misura il tuo stress.

Per capire cosa intendiamo per stress e come prevenirlo, puoi leggere un articolo cliccando qui!

Nota bene, i campi con il simbolo * sono richiesti.

Alcune persone hanno la tendenza a costruire una vita molto impegnativa, a prendere le cose con un forte impeto e sono eccessivamente reattive. A questo spesso si associa la tendenza alla difficoltà a prendersi cura di sé, anche nelle piccole cose quotidiane.

Le cattive abitudini una volta instaurate tendono ad alimentare lo stress che, nel tempo, danneggia l'organismo. Queste persone sono state definite "Tipi A", contrapposte ai "Tipi B", che, a fronte di situazioni impegnative ed eventi stressanti hanno reazioni più pacate, controllate e resilienti. I primi sembrano più soggetti a malattie cardiovascolari.

Se tendenzialmente siete di tipo A è importante cominciare a pensare di adottare un piano di cambiamento progressivo delle abitudini di vita,  a tutela della salute e senza snaturare la tua matrice originaria di forza ed energia.

Il tuo punteggio è:  0

Da 0 a 3 punti. Appartieni alla tipologia di tipo B e sei relativamente tranquillo.

Da 4 a 7 punti. Sei mediamente calmo, ma in alcune occasioni puoi manifestare caratteristiche tipiche della tipologia A.

Da 8 a 10 punti. Tieni d'occhio le tue abitudini e programma un piano di monitoraggio per la tua salute. Tendi verso al tipologia A.

Per riflettere... Il tipo A è spesso stressato, nervoso e cerca di raggiungere obiettivi ambiziosi in breve tempo. Si tratta di soggetti che riescono spesso a raggiungere il successo a scapito della propria salute (alimentazione, attività fisica, fumo, ecc...), in particolare con forti rischi per l'apparato cardiocircolatorio.

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Il lutto e la sua elaborazione.

Il lutto è definibile come uno stato psicologico conseguente alla perdita di un oggetto significativo, che ha fatto parte integrante dell’esistenza. La perdita può essere di un oggetto esterno, come la morte di una persona, la separazione geografica, l’abbandono di un luogo, o interno, come il chiudersi di una prospettiva, la perdita della propria immagine sociale o un fallimento personale.

Nel caso di un decesso, in genere il lutto è tanto più difficile da superare quanto più improvvisa è stata la morte, quanto più sano e giovane era il defunto e ciò soprattutto se chi sopravvive può attribuirsi qualche colpa dell’accaduto.

L’elaborazione del lutto passa attraverso fasi ben precise pressoché simili nelle diverse culture, uno dei più noti esponenti dei death studies è Elisabeth Kübler-Ross, medico, psichiatra e docente di medicina comportamentale in Svizzera, considerata la fondatrice della psicotanatologia. Nella sua “teoria a cinque fasi” elaborata nel 1970, l’autrice parla di “fasi” e non “stadi”, perché presuppone la possibilità che i diversi momenti possano sovrapporsi, ripresentarsi, non presentarsi con uguale intensità e senza un preciso ordine. Questo modello permette di capire sia le dinamiche mentali più frequenti della persona a cui è stata diagnosticata una malattia terminale sia ogni volta che ci sia da elaborare un lutto. Per lei il “lavoro di elaborazione del lutto” è come un percorso che si snoda secondo i seguenti punti:

  1. fase della negazione o del rifiuto: caratterizzata da un rifiuto dell’esame di realtà ritenendo impossibile di avere davvero subito quella perdita. Molto probabilmente il processo di rifiuto psicotico della verità può essere funzionale per proteggerlo da un’eccessiva ansia di morte e per prendersi il tempo necessario per organizzarsi.
  2. Fase della rabbia: dopo la negazione iniziano a manifestarsi emozioni forti quali rabbia e paura. Rappresenta un momento critico che può essere sia il momento di massima richiesta di aiuto, ma anche il momento del rifiuto, della chiusura, del ritiro in sé e di un’attribuzione esterna o interna dei propri dolori e sentimenti di essere incompresi;
  3. Fase della contrattazione o del patteggiamento: In questa fase, la persona riprende il controllo della propria vita, e cerca di riparare il riparabile, c’è la verifica delle proprie capacità di ripresa e delle risorse esterne e dalla ristrutturazione dell’esame di realtà. La persona inizia a verificare cosa è in grado di fare, ed in quale progetti può investire la speranza, iniziando una specie di negoziato, che a seconda dei valori personali, può essere instaurato sia con le persone che costituiscono la sfera relazione del paziente, sia con le figure religiose.
  4. Fase della depressione (reattiva o preparatoria): rappresenta un momento nel quale il paziente inizia a prendere consapevolezza delle perdite che sta subendo o che sta per subire e di solito si manifesta quando la malattia progredisce ed il livello di sofferenza aumenta. E’ caratterizzata dalla presa di consapevolezza che il dolore della perdita non è esclusivo e che la morte è ineluttabile;
  5. Fase dell’accettazione: quando il soggetto ha avuto modo di elaborare quanto sta succedendo intorno a lui, arriva ad un’accettazione della propria condizione ed a una consapevolezza di quanto sta per accadere o è accaduto; durante questa fase possono sempre e comunque essere presenti livelli di rabbia e depressione, che però sono di intensità moderata. In questa fase tende ad essere silenzioso ed a raccogliersi, inoltre sono frequenti momenti di profonda comunicazione con i familiari e con le persone che gli sono accanto. È il momento dei saluti e della restituzione a chi è stato vicino al paziente. E’ caratterizzata dall’elaborazione completa della perdita vissuta e dall’accettazione della nuova condizione di vita.

I COMPITI ELABORATIVI DEL LUTTO

1)Accettare la realtà della perdita: confidarsi con familiari e amici, condividere la propria sofferenza, parlare con la persona scomparsa ricordando episodi o aneddoti della vita passata insieme, chiedersi cosa la persona scomparsa avrebbe pensato o detto, chiedere scusa e scrivere una lettera.

2)Elaborare le emozioni e il dolore della perdita: riconosce e gestire i sentimenti e le emozioni affrontando i sentimenti senza anestetizzarli. Curare la prioria persona, rispettare orari, impegni regole alimentari ritmi del sonno. Aiutarsi con distrazioni o attività fisiche per ridurre le tensioni.

3)Riadattarsi al proprio contesto sociale: Recuperare la fiducia negli altri e in se stessi. Ricostruire nuovi significati, trovare nuovi stimoli. Riprendere le relazioni sociali, le abitudini e gli impegni. Chiedersi cosa sto facendo di positivo ora per me.

4)Reintegrare la persona perduta nel nostro mondo interno: Trovare un posto dentro di noi per la persona perduta, farli vivere nella nostra mente e nel nostro cuore. Provare gratitudine per il tempo passato insieme alla persona scomparsa facendola diventare parte di noi.

“SOLTANTO COLORO CHE EVITANO L’AMORE POSSONO EVITARE IL DOLORE DEL LUTTO. L’IMPORTANTE E’ CRESCERE, ATTRAVERSO IL LUTTO E RESTARE VULNERABILI ALL’AMORE!”

-J.Bratner-

Se vuoi vedere in che fase di elaborazione del lutto ti trovi fai il test e clicca qui!

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Lo Stress: quando da positivo diventa negativo!

Senza stress non si vive anzi di più senza stress non esisterebbe il genere umano quindi si vive di stress, esso è essenziale e funzionale alla sopravvivenza perché ha consentito l’adattamento evolutivo dell’uomo. Ogni età, cambiamento, fase dell’esistenza comporta uno stress potenziale: sin dai primi istanti della vita un neonato è stressato per il solo fatto di dover imparare a respirare.

Adattarsi alle sollecitazioni è parte integrante della vita. Ecco perché una piccola dose di stress fa da propulsore, esso infatti aumenta concentrazione, percezione, vigilanza, memoria e apprendimento. Certo che questo dipende da come si vivono gli eventi stressanti.

Ogni agente stressante che colpisce un individuo può provocare due reazioni, una positiva e rigenerativa, una risposta fisiologica, esclusivamente adattativa chiamata eustress che è ad esempio la fatica di chi s’impegna ma realizza qualcosa, ed una negativa, che avviene in condizioni di “discrepanza” tra lo stimolo e la risposta, cioè quando le richieste ambientali vanno oltre le reali capacità dell’individuo di farvi fronte, determinando una maggiore vulnerabilità allo sviluppo di malattie chiamata distress che ad esempio capita a chi va in pensione.

Lo stress è considerato “la risposta biologica aspecifica” del corpo a qualsiasi richiesta ambientale e gli stressor sono i vari tipi di stimoli o agenti che suscitano tale reazione.     È detta anche sindrome generale di adattamento, si compone di tre distinte fasi:

  1. fase di allarme: Durante la fase di allarme si mobilitano le energie difensive, c’è presenza dello stressor, l’individuo riconosce il pericolo insito nello stimolo e avviene una complessa catena di cambiamenti fisici e biochimici che riguardano l’interazione tra cervello, sistema nervoso e numerosi ormoni (innalzamento della frequenza, della pressione cardiaca, della tensione muscolare, meno secrezione salivare, più liberazione di cortisolo).
  2. Fase di resistenza: Nella fase di resistenza invece, l’organismo tenta di adattarsi alla situazione e gli indici fisiologici tendono a normalizzarsi anche se lo sforzo per raggiungere l’equilibrio è intenso. La durata dipende dall’intensità dello stressor a cui si è sottoposti e da un certo numero di variabili concomitanti. Qui assume un ruolo fondamentale l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene che è caratterizzata dalla messa in atto di un complesso programma sia biologico che comportamentale e che sostiene la risposta allo stressor.
  3. Fase di esaurimento: Se la condizione stressante continua, oppure risulta troppo intensa, si entra in una fase di esaurimento in cui l’organismo non riesce più a difendersi e la naturale capacità di adattarsi viene a mancare. Si assisterà in questa fase alla comparsa di “malattie dall’adattamento.”

Per quanto riguarda le varie tipologie di stress negli anni 60, Holmes e Rahe hanno messo a punto una scala gerarchica dei vari eventi stressanti che vanno dal più grave, la morte del coniuge, al meno grave, lievi violazioni della legge. Hanno inoltre valutato, secondo il punteggio, la possibilità di ammalarsi. Con oltre 300 punti in 6 mesi il rischio è dell’80%,da 150 a 200 c’ è il rischio del 50% ed è del 30% se i punti sono meno di150.

Morte del coniuge 100
Divorzio 73
Separazione coniugale 65
Condanna alla reclusione 63
Morte di un familiare 63
Malattia 53
Matrimonio 50
Perdita del lavoro 47
Riconciliazione con il coniuge 45
Pensionamento 45
Problemi di salute di un familiare 44
Gravidanza 40
Problemi sessuali 39
Cambiamenti importanti nel lavoro 39
Cambiamento situazione economica 39
Morte di un amico 37
Cambiamento tipo di lavoro 36
Discussioni coniugali 35
Contrarre un grosso debito 31
Impossibilità di restituire un debito 30
Cambiamento di responsabilità 29
Figlio che lascia la casa 29
Successi personali 28
Moglie che inizia o smette di lavorare 26
Frequentare una nuova scuola 26
Lasciare la scuola 26
Cambiamento del tipo di vita 26
Cambiamento abitudini personali 24
Problemi con il datore di lavoro 23
Cambiamenti orari di lavoro 20
Cambiamento di casa, trasloco 20
Cambiamento delle attività sociali 18
Contrarre un piccolo debito 17
Cambiamenti dei ritmi del sonno 16
Cambiamenti abitudini alimentari 15
Vacanze 12
Natale 12
Piccole infrazioni alla legge 11

Lo stress viene vissuto dall’uomo su un piano emotivo e fisico.

Le reazioni emotive sono:

  • sensazione di trovarsi sotto pressione;
  • tensione, incapacità di rilassarsi;
  • sensazione di vuoto mentale;
  • paura costante;
  • aumento di irritabilità;
  • sentimento di conflitto;
  • frustrazione e aggressività;
  • agitazione crescente, difficoltà di concentrazione;
  • maggiore predisposizione al pianto;
  • incapacità di prendere decisioni;
  • istinto a fuggire o a nascondersi;
  • diminuita capacità di provare piacere o di divertirsi.

Le reazioni fisiche allo stress sono:

  • tensione muscolare;
  • battito cardiaco rapido e irregolare;
  • respirazione veloce;
  • sudorazione;
  • pupille dilatate;
  • stato di allarme eccessivo;
  • cambiamento dell’appetito;
  • debolezza e tremori muscolari;
  • bruciori di stomaco;
  • disturbi del sonno;
  • nervosismo;
  • debolezza degli arti;
  • mal di testa;
  • strani dolori, fitte e spasmi;
  • stitichezza o diarrea;
  • mal di schiena;
  • formicolio ai piedi e alle mani;
  • bocca o gola secca.

Cosa puoi fare per ridurre lo Stress!

  • Attività fisica. Svolgere attività fisica in modo regolare e moderato, magari in compagnia di altre persone può esserci di aiuto nel ridurre lo stress.
  • Alimentazione.
Una corretta alimentazione ci aiuta a mantenere uno stato di benessere psicofisico e ci rende quindi più forti quando dobbiamo fronteggiare situazioni stressanti.
  • Rilassamento. 
Lo stress modifica il nostro modo di respirare e rende i nostri muscoli tesi.
Grazie alle tecniche di rilassamento potremo imparare a riconoscere questo stato di tensione e a ridurlo nel giro di pochi minuti.
  • Gestione del tempo. 
Ci sentiamo stressati perchè ci sembra di dover fare troppe cose? Il nostro problema potrebbe essere causato da una scorretta gestione del tempo. L’apprendimento di abilità di gestione del tempo ci potrà aiutare a ridurre lo stress.
  • Abilità di pianificazione/organizzazione.
 Essere in grado di stabilire obiettivi specifici e realistici e pianificare come raggiungerli può essere di grande aiuto per ridurre lo stress.Fara tutto con flessibilità.
  • Ammorbidire le convinzioni.
 Forse pensiamo di dover far sempre tutto alla perfezione e di non dover sbagliare mai? Queste e altre convinzioni potrebbero essere la causa del nostro stato di stress. Bisogna riconoscere e modificare queste convinzioni.
  • Modificare il dialogo interno.
 A volte la causa di stress risiede più nel nostro modo di parlarci che nelle situazioni esterne. Se tendiamo a ripeterci spesso frasi negative o ansiogene diventa importante lavorare sul nostro dialogo interno per crearne uno più costruttivo.
  • Praticare la consapevolezza. 
Significa diventare consapevoli anche delle piccole cose che facciamo, come camminare, osservare, parlare, muoversi, stirare, lavare i piatti ecc.. 
Questa pratica ci aiuta a ridurre lo stress vivendo il momento presente e apprezzando ogni esperienza che la vita ci propone.
  • Lavorare sulla propria autostima. 
In alcuni casi la vita diventa stressante perchè tendiamo a svalorizzare ogni nostro risultato e ci focalizziamo esclusivamente sugli aspetti negativi. Lavorare sull’autostima potrebbe essere indicato in questi casi.
  • Adottare uno stile relazionale assertivo. 
Si tratta di imparare a mediare con gli altri e ad affermare i propri bisogni, ma anche ad ascoltare quelli delle altre persone. Diventare più assertivi permette di ridurre in larga parte lo stress legato ai conflitti relazionali.
  • Fermarsi a ridefinire i valori.
Per valori intendo, ciò che per noi ha valore. Potremmo infatti renderci conto che, anche se siamo sempre di corsa, non stiamo procedendo nella direzione che vorremmo!
Comprendere qual è la direzione verso la quale voglio dirigere la mia vita è il primo passo per agire in modo consapevole.

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L’Assertività: l’arte di comunicare!

L’assertività è la capacità del soggetto di utilizzare in ogni contesto relazionale, modalità di comunicazione che rendano altamente probabili reazioni positive dell’ambiente e annullino o riducano la possibilità di reazioni negative”.

L’assertività è uno stile relazionale/comunicativo che permette all’individuo di esprimere le proprie opinioni, le proprie emozioni, i propri punti di vista senza prevaricare né essere prevaricati.

Più precisamente possiamo dire che l’assertività è la capacità:

  • di esprimere i propri sentimenti.
  • Di scegliere come comportarsi in un dato contesto.
  • Di difendere i propri diritti quando necessario.
  • Di aumentare la propria autostima.
  • Di sviluppare una sana dose di sicurezza in sé.
  • Di esprimere serenamente un’opinione anche se in disaccordo con il punto di vista dell’altro.
  • Portare avanti i propri piani/progetti.
  • Saper dire agli altri di modificare i loro comportamenti quando questi sono percepiti come lesivi e/o offensivi.

Il comportamento assertivo è un comportamento responsabile che si distingue:

  1. dal comportamento aggressivo: il soggetto aggressivo è una persona che non rispetta i limiti degli altri, è concentrato sui propri desideri, non bada a ciò che gli sta intorno. Può essere anche distruttivo e violento. Tende a dominare e il suo unico obiettivo è il potere personale e sociale. Alla base di questo comportamento vi sono componenti di ansia, rabbia, ostilità, disprezzo e mancanza di riconoscimento della dignità altrui.
  2. Dal comportamento passivo: il soggetto passivo è una persona che tende ad accontentare gli altri, è facilmente influenzabile, spesso subisce senza opporsi. Spesso è afflitto da una eccessiva ansia accompagnata da sensi di colpa e non riesce ad esprimere in modo adeguato i propri bisogni e le proprie esigenze. Necessita del consenso altrui e cerca di evitare ogni tipo di contrasto. La persona passiva ha poca capacità di azione.

Il comportamento assertivo è invece un comportamento partecipe: attivo non reattivo, un atteggiamento responsabile caratterizzato dalla fiducia in sé e negli altri, una consapevole manifestazione di se stessi: affermazione dei propri diritti senza negare quelli altrui, senza ansia né sensi di colpa, una capacità di comunicare i propri sentimenti in modo chiaro, diretto e rispettoso, senza minacce e aggressività.

Come essere più assertivo!

  • Impara ad ascoltare: presta attenzione al contesto ossia a ciò che viene detto e alle emozioni sia tue sia dell’altro.
  • Sviluppa una buona dose di fiducia: la riduzione dell’ansia aumenta il grado di sicurezza e quindi la fiducia in se stessi.
  • Impara ad essere aperto e cordiale: utilizza parole che esprimono gentilezza e apprezzamento, non emettere giudizi, usa toni e volumi di voce appropriati.
  • Credi nelle tua capacità: sapere che “riuscire” è possibile, non cadere nei pregiudizi e condizionamenti.
  • Non essere troppo esigente: non pretendere troppo da te stesso o dagli altri.
  • Non sottovalutarti: fatti valere.
  • Fai attenzione al comportamento non verbale: la nostra espressione, i gesti, il linguaggio del corpo.
  • Impara a dire di no: quando necessario senza farsi prendere dai sensi di colpa.
  • Riconosci i tuoi limiti: sapere che non tutto è possibile.

E IN FINE Impara ad usare il MESSAGGIO IO:

  1. Descrizione del comportamento che crea il problema, senza esprimere un giudizio.
  2. Descrizione del sentimento che il problema ha su chi parla.
  3. Descrizione degli effetti soggettivi del problema.

ESEMPIO: “il fatto che tu mi interrompa continuamente quando parlo (comportamento) mi irrita (sentimento) perché mi fa dimenticare alcune cose che volevo dirti a proposito del nostro lavoro ( effetti).”

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L’Autostima: cos’è e come migliorarla!

L’autostima è un concetto soggettivo che riguarda la valutazione che ogni individuo ha di se stesso in base al grado di fiducia che ha nel proprio valore, nelle proprie capacità e nella propria importanza. Significa avere fiducia in se stessi! E’ semplicemente una stima, una valutazione, o se vogliamo la risposta alla domanda: ”Cosa penso di me?”.

L’autostima dipende sia da fattori interni, ossia dalla visione soggettiva che l’individuo ha di se stesso e della realtà, sia da fattori esterni, come i successi ottenuti e le informazioni ricevute dalle persone che lo circondano.
L’autostima è un fattore dinamico che evolve nel tempo e subisce variazioni nel corso della vita; non si nasce con la giusta autostima, ma questa va curata, coltivata e alimentata durante il corso della vita. I bambini piccoli accrescono la loro autostima attraverso ciò che si rendono conto di saper fare e attraverso l’opinione che i genitori hanno di loro.

Secondo William James l’autostima è il rapporto tra il Sé percepito, che è dato dalle conoscenze e percezioni che ognuno ha di se stesso, e il Sé ideale, che è l’immagine che il soggetto vorrebbe essere, le qualità che vorrebbe  possedere. L’ampiezza della discrepanza tra come l’individuo si vede e come vorrebbe essere è un segno di quanto si è soddisfatti di se stessi.

Il concetto di autostima non è unitario ma si riferisce a differenti ambiti:

  1. sociale: è in relazione alla cerchia di amici e conoscenti, al rapporto col partner.Si tratta di come stiamo quando siamo con gli altri, se ci sentiamo approvati, sostenuti, aiutati.
  2. scolastico/lavorativo: quanto ci sentiamo bravi nell’intraprendere un’attività e i vantaggi che questo comporta: buoni voti, carriera, soddisfazione.
  3. familiare: è influenzata dalla sicurezza affettiva. 
Nei bambini è saliente il rapporto madre-figlio e le valutazioni dei genitori.
  4. corporeo: è legata all’aspetto fisico e alle prestazioni fisiche.

L’autostima influenza l’autoefficacia, cioè la consapevolezza di poter raggiungere obiettivi, influenza il tono dell’umore, le relazioni affettive, in generale, influenza il successo nella vita e le scelte di ogni tipo.

Cosa puoi fare per aumentare la tua autostima!

  • Cura il tuo aspetto. Curare se stessi, il proprio aspetto fisico ed il modo in cui ci vestiamo può avere un importante impatto sulla nostra autostima. Curare il proprio aspetto, non solo ci fa sentire meglio, ma ci aiuta a creare una nuova immagine di noi stessi. Gran parte del nostro livello di autostima è legato all’immagine che proiettiamo di noi stessi nella nostra mente, bisogna equilibrare i nostri pregi e difetti.
  • Impara a definire i tuoi obiettivi. Un’altra importante componente della nostra autostima è legata agli obiettivi che riusciamo a centrare. Obiettivi migliori possono condurci a risultati migliori e di conseguenza ad una maggiore autostima.
  • Scrivi un diario personale. Il più delle volte ricordiamo benissimo i nostri fallimenti e tendiamo a dimenticare i nostri successi; per questo motivo un diario, in cui raccogliere quotidianamente i nostri pensieri e le nostre esperienze (positive e negative), può aiutarci ad avere un’immagine più oggettiva dei risultati che abbiamo raggiunto nel passato. Conoscere te stesso, quello che hai già affrontato ed il modo in cui ne sei uscito, può essere una spinta fondamentale per aumentare la fiducia in te stesso.
  • Sii responsabile di tutto ciò che vivi. Prenditi la responsabilità di tutto ciò che ti accade ed evita di incolpare gli altri per i tuoi sbagli. Assumendoti la piena responsabilità di tutto, sarai anche più stimolato per la ricerca di eventuali soluzioni ai tuoi problemi. Quando risolvi un problema, puoi percepire un netto aumento della fiducia in te stesso, con conseguente aumento dell’Autostima.
  • Impara ad amare e ad accettare te stesso. Impara ad amare e ad accettare ogni cosa di te, dagli aspetti negativi a quelli positivi. Ogni errore, ogni risultato non ottenuto, ma anche ogni cosa bella del tuo passato, ti hanno portato a diventare ciò che sei ora. E’ il tuo percorso evolutivo. Rispettalo, amalo e accettalo, in tutto e per tutto.
  • Abituati a prendere decisioni. Evita la procrastinazione. Rimandare significa rallentare. Il tempo a tua disposizione non è infinito. Non farti trascinare dalla corrente. Prendi le redini della tua vita e portala avanti. Non lasciare che siano gli altri a decidere per te. Fallo tu.
  • Lavora sui tuoi punti di forza. Fa’ un elenco di tutti i tuoi punti di forza e lavora al fine di renderli ancora più forti. Lavora su tutte le tue migliori qualità in modo da raggiungere l’eccellenza. Una volta fatto ciò e qualora ve ne fosse l’esigenza (o la voglia), puoi passare a rinforzare i punti deboli, rendendoli altrettanto forti.
  • Formati in tutto ciò che ti appassiona. Dedica gran parte del tuo tempo libero a tutto ciò che ti appassiona. Fare le cose che ci piace fare, e farle sempre meglio, ci fa stare bene e ci riempie di Autostima e Motivazione.
  • Offri il tuo aiuto quando sai di poterlo fare. Se sai per certo di essere in grado di aiutare qualcuno, fallo senza indugiare. Aiutare gli altri (con successo) contribuisce ad aumentare la fiducia verso te stesso.
  • Difendi le tue idee. Essere accomodanti, disponibili all’ascolto, tendenti all’empatia, non significa modellare le proprie idee su quelle dell’interlocutore al solo fine di intrattenere una piacevole conversazione. Difendi sempre le tue idee e manifestale senza farti problemi. Al tempo stesso, però, sii aperto alle idee altrui ed eventualmente pronto a rimettere in discussione le tue.
  • Fissa subito pochi obiettivi a breve scadenza.
Fissare degli obiettivi a breve termine e, soprattutto, portarli a termine, ti fa stare bene con te stesso e ti pone nella condizione di poterti autoelogiare. Anche se ti dovesse sembrare stupido o imbarazzante, quando fai qualcosa di buono, quando raggiungi un risultato che hai pianificato con cura, ricompensati con le parole amorevoli. Ne beneficerai!

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